Ridurre al minimo le presenze nelle aziende per fermare il contagio
Situazione di emergenza acclarata quella a cui è sottoposta l’Italia in queste ore ed a cui sarà sottoposta per una durata ancora da definire con certezza; un’emergenza che bisogna affrontare con lucidità e che abbraccia praticamente tutte le tematiche legate alla quotidianità, dalla sanità (messa a durissima prova) al lavoro, dallo sport all’istruzione: tutto ciò che fino a pochi giorni fa ci sembrava normale e banale oggi non lo è neanche lontanamente.
Nel nostro focus parliamo ovviamente di lavoro, e delle misure che le aziende possono attuare o che stanno attuando per combattere l’epidemia e limitare i danni in termini economici e sanitari. La misura più utilizzata, ove ne esiste la possibilità, è naturalmente quella dello smart working. Molto spesso nei mesi scorsi ci siamo trovati a trattare questa tematica in termini che non avevano nulla a che fare con emergenze e drammi: questa è infatti una modalità che, al di là del momento che stiamo vivendo, è già stata attuata all’interno di molte realtà a fronte di una enorme quantità di vantaggi (clicca qui per saperne di più).
Perché lo smart working può essere utile in questa situazione? Attraverso questo “provvedimento” si andrebbero a limitare al massimo gli spostamenti e le occasioni di contatto fra i dipendenti di un’azienda, sposando così pienamente la linea degli ultimi decreti emanati dal Presidente del Consiglio che, se prima erano rivolti solo alle zone rosse ed arancioni, ora si sono estesi a tutta la Penisola. Ove dunque non esistano “comprovate esigenze lavorative” che obblighino i lavoratori allo spostamento e alla presenza necessaria, è strettamente consigliata una decisione di questo tipo. Per lo smart working è in vigore la possibilità di di utilizzo in forma semplificata su tutto il territorio nazionale fino al 31 luglio.
Inoltre, sempre facendo riferimento al suddetto decreto, è fortemente raccomandata come strumento prioritario per la “guerra al contagio” la fruizione delle ferie. Al netto della situazione di emergenza occorre precisare come la collocazione di ferie non richieda il consenso del lavoratore in questo particolare momento; idem per lo smart working: due soluzioni obbligate e quantomai necessarie.
A fronte di “comprovate esigenze lavorative”, come sottolineato nell’articolo di Aldo Bottini nelle pagine de Il Sole 24 Ore, è richiesto al datore di lavoro, in relazione agli obblighi di sicurezza e tutela della salute del lavoratore che gravano proprio su di lui, di effettuare una approfondita valutazione del numero di lavoratori che devono necessariamente recarsi fisicamente sul posto di lavoro per garantire la continuità produttiva.