Coronavirus: tutto ciò che c’è da sapere sulla CIGD

Marcello Zulli Orizzonte Lavoro Leave a Comment

Un viaggio nella Cassa Integrazione in Deroga al tempo del Coronavirus: cosa cambia per il datore di lavoro e quali sono i vantaggi

Una Cassa Intergrazione speciale, più snella e slegata da diverse disposizioni ed obblighi dai quali è generalmente caratterizzata. Come chiarito dall’INPS, infatti, e come spiegato nell’articolo dell’esperto Riccardo Pallotta su IPSOA Quotidiano, non conteranno ai fini dell’applicazione della misura il requisito di anzianità di effettivo lavoro ed il contributo addizionale. Non v’è menzione invece in merito alla necessità della preventiva fruizione delle ferie.
Il pagamento è consentito in maniera diretta e solo attraverso il modello telematico SR41 con le domande ad esso legate presentate alle regioni ed alle province autonome.
Cosa c’è da sapere sulla CIGD
A chi spetta:
Ai lavoratori subordinati  con la qualifica di operai, impiegati e quadri, compresi gli
apprendisti e i lavoratori somministrati, con un’anzianità lavorativa presso l’impresa di
almeno 12 mesi (salvo specifiche eccezioni) alla data di inizio del periodo di intervento.
Da quali aziende può essere chiesto:
  • Dalle imprese (ex articolo 2082 del codice civile),
  • dai piccoli imprenditori (articolo 2083 del codice civile) (coltivatori diretti del fondo, artigiani, piccoli commercianti)
  • dalle cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n. 381) per i soci lavoratori.
Quando può essere erogata:
Per lavoratori sospesi dal lavoro o che effettuano un orario ridotto per contrazione o sospensione dell’attività produttiva a causa di:
  1. situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori;
  2. ​situazioni aziendali determinate da condizioni temporanee di mercato;
  3. crisi aziendali;
  4. ristrutturazione o riorganizzazione.
Non può essere concessa per cessazione dell’attività dell’impresa o di parte della stessa.
Da chi viene concessa:
Dalla regione o provincia autonoma sulla base delle risorse stanziate dal Ministero preposto.
Cassa integrazione in deroga COVID-19
L’art. 22 del decreto legge n. 18/2020 prevede la concessione della CIGD quale forma di tutela
residuale applicabile ai datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione
le tutele ordinarie.
Cassa integrazione ordinaria e in deroga: cosa cambia per le imprese
Si consente alle regioni e province autonome di riconoscere, in conseguenza dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19 (e nel limite massimo di 3.293,2 milioni di euro per l’anno 2020)
trattamenti di integrazione salariale in deroga per la durata della sospensione del rapporto di
lavoro e comunque per un periodo non superiore a 9 settimane.
Non possono usufruire della CIGD – COVID-19 i datori di lavoro domestico, mentre sono esplicitamente compresi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Per i soli datori con più di 5 dipendenti, il trattamento è subordinato alla conclusione di un accordo che può essere concluso anche in via telematica tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Il trattamento, come anticipato negli scorsi articoli al riguardo, decorre (retroattivamente) dal 23 febbraio 2020 e riguarda solo i dipendenti in forza al 23 febbraio 2020.
A questo proposito è espressamente richiesto ai datori di  lavoro di inviare all’INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell’integrazione salariale. Trascorso il termine per l’invio, il pagamento della prestazione e degli oneri resta a carico del datore di lavoro inadempiente.
Le domande sono presentate alla regione o alla provincia autonoma, che le istruisce
secondo l’ordine cronologico di presentazione.
L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome. Qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto – anche in via prospettica – il limite di spesa, le regioni e le province autonome non possono emettere altri provvedimenti concessori.

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