Tutto ciò che c’è da sapere sul Decreto Trasparenza.
È stata attuata nelle scorse settimane la riforma sui contratti di lavoro che ha dato seguito alla direttiva UE 2019/1152 sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea, e che ha introdotto nuovi diritti in tema di informativa resa ai neo-assunti e collaboratori, con un inasprimento delle sanzioni in caso di inadempienze.
Ma a cosa fa riferimento nello specifico il Decreto Trasparenza?
Il Dlgs 104/2022 contiene, di fatto, disposizioni che disciplinano le informazioni sul rapporto di lavoro, le prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro e una serie di ulteriori misure volte a informare e tutelare i lavoratori
Nella sostanza vengono ampliate, seguendo il dettato della normativa europea, le disposizioni relative al diritto informativo del lavoratore già previste dal D.Lgs. n. 152/1997.
Le informazioni sotto la lente di ingrandimento sono:
- informazioni base, gli elementi fondamentali del rapporto di lavoro in essere, sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela;
- informazioni digitali, nei casi di sistemi digitali automatizzati di lavoro;
- informazioni estere, in caso di lavoro effettuato fuori dai confini italiani.
Il nuovo Decreto Trasparenza si applica infatti praticamente a tutti i rapporti di lavoro subordinato, senza eccezione alcuna per contratti agricoli, somministrati, intermittenti, collaborazioni etero-organizzate, Co. co. co., contratti di prestazione occasionale, lavori marittimi, domestici e P.A.
Affinché gli adempimenti risultino validi, è necessario il datore di lavoro conservi prova della trasmissione o ricezione delle informazioni – nei casi delle trasmissioni elettroniche – anche nei cinque anni successivi la chiusura del rapporto di lavoro.
Ma cosa è necessario trasmettere al lavoratore per assolvere all’obbligo di informazione?
La nuova normativa prevede la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, a scelta:
- del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto;
- della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608.
In caso di denuncia, da parte del lavoratore del mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi informativi previsti dal Decreto Trasparenza e dalle norme vigenti, una volta effettuati i necessari accertamenti, si applicano:
- una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato;
- tutte le disposizioni di garanzia previste dalla L. n. 689/1981.
- la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.
Occorre inoltre precisare come, in caso di più lavoratori coinvolti, la sanzione si innalzi in maniera proporzionale fino ad arrivare a 5.000 euro per ogni lavoratore coinvolto (nei casi con oltre dieci lavoratori coinvolti).
E cosa accade nei casi di lavoratori che prestano servizio all’estero?
La nuova formulazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 152/1997, come modificata dall’art. 4, comma 8, del D.Lgs. n. 104/2022 prevede – come si legge sul portale del ministero – l’obbligo per il datore di lavoro, di fornire al lavoratore, per iscritto e prima della partenza, ovvero entro il primo giorno di decorrenza degli effetti della modifica, qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro di cui è stato informato inizialmente, più informazioni circa il lavoro svolto all’estero (Paese, valuta, rimpatrio, retribuzione, indennità e così via).
Anche in questo caso l’inadempienza è punita, ai sensi del nuovo art. 4 del D.Lgs. n. 152/1997, che richiama l’art. 19, comma 2, D.Lgs. 276/2003, con una sanzione da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore coinvolto.
E in caso di ritorsione da parte del datore di lavoro, qual è la sanzione?
Il mancato rispetto delle misure di tutela, come “l’adozione di comportamenti di carattere ritorsivo o che, comunque, determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti che abbiano presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui al presente decreto e di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, ferma ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dall’invalidità dell’atto”, comporta, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione della sanzione amministrativa da 5.000 a euro a 10.000 euro (ar. 41, comma 2, del decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198).
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