Focus sulla contrattazione di tipo intermittente con pro e contro per il lavoratore e per il datore di lavoro
Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è sicuramente fra le tipologie di accordi più utilizzate per legami discontinui fra il datore di lavoro ed il lavoratore. Una tipologia che porta però dietro di sé una serie di vincoli e di peculiarità che la rendono in un certo senso unica rispetto agli altri tipi di contratto.
Partiamo da una definizione: il contratto di lavoro intermittente prevede che il lavoratore sia a totale disposizione del datore di lavoro e che quest’ultimo possa utilizzarne le prestazioni in maniera discontinua non offrendo garanzie sul fatto che poi il lavoratore venga realmente chiamato.
Questo contratto, introdotto nel 2003, e oggetto di numerose critiche e modifiche per la sua natura “sbilanciata”, può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Il limite di giorni lavorativi nella modalità a tempo determinato è posto a 400, superati i quali si passa in maniera automatica al tempo indeterminato.
Altro limite introdotto con il tempo è quello dato dall’età, in ragione della tutela nei confronti del lavoratore. Le soglie di età in cui si può usufruire di questa tipologia contrattuale sono quelle che vanno dai 18 ai 24 anni e dai 55 anni in su. Alla base di questi limiti ci sono dei dati oggettivi che raccontano come i ragazzi fino ai 24 anni, studenti o disoccupati, che si apprestano ad entrare nella macchina del lavoro, necessitino di una contrattazione di questo tipo al fine di fare le prime job-experiences che, seppur non continue, sono utili ad arricchire il bagaglio futuro con un minimo di guadagno. Differente e per certi versi opposto è invece il discorso riguardante gli “over 55”: un accordo di questo tipo per persone con un età superiore a 55 anni viene accettato al fine di reintrodurre nel mondo del lavoro delle persone con una situazione anagrafica complicata in questo mercato.
Fra le altre peculiarità c’è sicuramente quella data dalla “perenne reperibilità”, con il lavoratore che deve essere sempre pronto alla chiamata. Questo fattore determina un 20% di indennità di disponibilità come quota della retribuzione concordata, come stabilito dal decreto del 2004. In caso di malattia o di avversità sono invece 15 i giorni che trascorrono prima che il lavoratore stesso possa ricevere l’indennità di disponibilità se non avvisa il datore di lavoro che non potrà lavorare.
Molto diffusi sono i casi in cui i lavoratori occasionali non lavorano alla presenza del datore di lavoro, ed ancor più diffusi sono i casi in cui i lavoratori non hanno mai avuto un contatto diretto con esso come nel caso di steward da stadio e/o eventi o di addetti al catering ecc.
Tante ambiguità e tante peculiarità, dunque, per una tipologia di contratto che resta comunque tra le più diffuse in Italia sopravvivendo anche alle numerose riforme, spesso anche radicali, che hanno avuto per oggetto l’ambito lavorativo. Una risorsa con molti pro ed altrettanti contro, della quale bisogna conoscere tutti gli aspetti, anche i più nascosti, prima di procedere all’attuazione o alla firma.